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Karl Popper e l'educazione dei bambini nella società aperta

  • di K. Popper, a cura di Davide Fassola
  • 9 ott 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

Oggi vi presentiamo, sulla scia dell'ultimo articolo, un altro brano sull'educazione, 'educazione, sviluppo dei bambini e televisione'.

Karl Popper, nato nel 1902 e morto nel 1994 ha studiato filosofia e matematica nell'ambiente neopositivista di Vienna. Ha collaborato con Adler e ha scrittu una tesi di psicologia del pensiero. In seguito abbandona il neopositivismo per scrivere alcuni saggi accademici come 'Logica della scoperta scientifica' nel 1935, o anche Congetture e confutazioni ben più avanti, nel 1963. Degno di nota è anche 'La conoscenza oggettiva' del 1972.

Popper non ha dedicato opere alla tematica educativa e pedagogica, e tuttavia la sua teoria della scienza, detta falsificazionista (per cui sono le prove negative dell'esperienza a contribuire di fatto al progresso scientifico, e non quelle positive, che nulla aggiungono alle teorie) si presta alla pedagogia e alla didattica, soprattutto per quanto concerne l'insegnamento della matematica e delle materie scientifiche in generale, ma è anche una buona riflessione sui principi essenziali dell'educazione.

Il brano espone la passione civile di Popper, che scaturirà la sua opera forse più famosa, 'La società aperta e i suoi nemici', del 1945. Qui riflette sulla televisione e l'influsso di quest'ultima sui bambini, passando da riflessioni sul controllo statale delle attività televisive, fino alle nuove figure professionali. Chi fa televisione, infatti, per Popper, deve essere considerato come un educatore di massa.

EDUCAZIONE, SVILUPPO DEI BAMBINI E TELEVISIONE

Nel rapporto tra bambini e televisione noi ci troviamo di fronte a un problema evolutivo: i bambini vengono a questo mondo strutturati per un compito, quello di adattarsi al loro ambiente. Per quanto ne so io, questa formulazione, molto semplice, non era stata finora portata dentro la discussione sul problema della TV. In altre parole, nel loro intero equipaggiamenti per la vita, i bambini sono attrezzati in modo da potersi adattare ai diversi ambienti che troveranno intorno a loro. Essi sono perciò indipendenti, in misura considerevole, nella loro evoluzione mentale dal loro ambiente e ciò che chiamiamo educazione è qualcosa che influenza questo ambiente in un modo che giudichiamo buono per lo sviluppo di questi bambini. Noi mandiamo i bambini a scuola perché possano imparare qualcosa. Ma che cosa significa realmente 'imparare'? E cosa significa 'insegnare'? Significa influenzare il loro ambiente in modo che possano prepararsi per i loro futuri compiti: il compito di diventare cittadini, il compito di guadagnare denaro, il compito di diventare padri e madri per una nuova generazione e così via. Perciò tutto dipende dall'ambiente, vale a dire che, come generazione precedente, noi abbiamo la responsabilità di creare le migliori consizioni ambientali possibili.

Ora, il punto è che la televisione è parte dell'ambiente del bambino ed una parte per la quale noi siamo ovviamente responsabili, perché si tratta di una parte dell'ambiente fatta dall'uomo (man-made).

Nel corso della mia vita mi sono a lungo occupato di educazione. In particolare ho imparato molto nel rapporto con i soggetti più difficili, che provenivano quasi sempre da case in cui c'era violenza (…). Adesso la violenza in casa è sostituita ed estesa dalla violenza che appare sullo schermo televisivo. E' attraverso questo mezzo che essa viene messa davanti ai bambini per ore ogni giorno. La mia esperienza mi porta a considerare questo punto molto importante, direi decisivo. La televisione produce violenza e la porta in case dove altrimenti la violenza non ci sarebbe.

(…)

Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato a vita qualora agisca in contrasto con certi principi. (…)

La patente, nella mia proposta, deve essere concessa solo dopo un corso di addestramento al termine del quale ci sarà un esame.

Uno degli scopi principali del corso sarà quello di insegnare a colui che si candida a produrre televisione che di fatto, che gli piaccia o no, sarà coinvolto nella educazione di massa, in un tipo di educazione che è terribilmente potente e importante. Di questo si dovranno rendere conto, volenti o nolenti, tutti coloro che sono coinvolti dal fare televisione: agiscono come educatori perché la televisione porta le sue immagini sia davanti ai bambini e ai giovani che agli adulti. Chi fa educazione deve sapere di aver parte nell'educazione degli uni e degli altri.

(…) Ciò che devono imparare è che l'eduxazione è necessaria in ogni società civilizzata, che i cittadini di una società civilizzata, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma sono il risultato di un processo educativo (…) che non consiste soltanto nell'insegnare fatti, ma nell'insegnare quanto sia importante l'eliminazione della violenza.

Nel corso si dovrà insegnare come i bambini ricevono le immagini, come assorbono quello che la televisione offre e come cercano di adattarsi all'ambiente influenzato dalla televisione. (…) C'è un certo livello di apprendimento e di intelligenza che è necessario alle vittime della televisione per distinguere tra quello che viene loro offerto come realtà e quello che viene loro offerto come finzione. Si tratta di un problema molto serio che dovrà essere approfondito nel corso perché gli addetti alla televisione si rendano ben conto di quello che stanno facendo. E la concessione della patente dovrà essere subordinata a un esame con il quale i candidati dimostrino non soltanto di avere appreso la materia, ma anche di essere consapevoli delle loro responsabilità educativa nei confronti dell'audience. E dovranno promettere di tener fede a questa responsabilità agendo di conseguenza. Chi fa televisione dovrà ben sapere quali sono le cose da evitare in modo da impedire che la sua attività abbia conseguenze antieducative.

Ndc: il brano è tratto da 'Una patente per fare TV, Cattiva maestra televisione', in collaborazione con J. Condry, in italia edito da Reset, a Milano, nel 1994, edizione a cura di F. Erbani


 
 
 

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